Cari fratelli e sorelle, ormai siamo arrivati al mese di Novembre e, avvicinandoci alla fine del anno liturgico, la Santa Madre Chiesa, per mezzo della Santa Liturgia, ci mette nella contemplazione delle cose ultime. Ed è così che la domenica scorsa abbiamo contemplato Cristo Re, chi regna sopra la patria celeste. In tale festa abbiamo contemplato Cristo come comandante delle forze celestiali, e oggi siamo invitati a contemplare i soldati di questo esercito celestiale, i suoi santi.
L’epistola di questa Santa Messa, dall’Apocalisse di San Giovanni, ci presenta con la sua visione di una folla immensa che circonda il trono della divina maestà, una folla così grande che nessuno poteva numerarla, da tutti i genti e tutti i popoli e tutti i razzi. Portano nelle loro mani la palma, simbolo della vittoria, e sono vestiti nella veste bianca, simbolo della purità.
Forse vi siete chiesti quando siete stati giovani, ”cosa vuol dire andare in cielo? Cosa fanno lì i santi?” Purtroppo, si è diffusa oggi nella società una visione bastante noiosa della vita celestiale nella quale la contemplazione di Dio sembra molto meno interessante dei piaceri offerti dal mondo terreno. Al contrario di questo è la visione di San Giovanni oggi riportata, nella quale i vittoriosi santi partecipano al momento di giubilo della entrata vittoriosa del Cristo in cielo. E’ vero che la dottrina cattolica ci insegna che i santi in cielo vedono Dio per tutta l’eternità, ma questo non vuol dire che la vita celestiale è soltanto passività.
Allargando un può il contesto di questo passaggio dell’Apocalisse, San Giovanni vede un grande libro, sigillato con sette sigilli. Nessun uomo, sia in cielo, sia in terra, sia sotto la terra può aprire il libro, neanche vedere i suoi contenuti. E Giovanni piange perché non si trova nessuno degno d’aprire il libro. Ma un angelo gli dice, ‘Non piangere,’ e dice quelle parole che sappiamo dell’obelisco della Piazza di San Pietro, ‘Ecce vicit leo de tribu Iuda, radix David,’ ‘Ecco, il leone del tribù di Giuda, radice di Davide, è degno d’aprire il libro e rompere i suoi sigilli.’ Cosa vuol dire questo passaggio misterioso, e che significa per la nostra riflessione? Il libro contiene i nomi di tutti l’eletti, quelli giusti che sono stati trovati degni di partecipare al regno di Cristo. E San Giovanni piange perché se nessuno può aprire il libro, vuol dire che nessuno è ancora stato degno di vedere la volontà di Dio e pronunciare il Suo giudizio. Ricordiamo che a contemplare Cristo come Re, l’abbiamo visto anche come il nostro giudice. E benché dobbiamo avere un attitudine timoroso davanti al giusto giudizio di Cristo, confidiamo anche della Sua misericordia e il Suo trionfo sopra il peccato e la morte.
E’ vero: Cristo è l’unico giusto, l’unico glorioso, l’unico degno di lode e gloria. I Santi e gli Angeli gli dicono l’inno di gloria: Benedictio et claritas et gratiarum actio, ”Benedizione e gloria e sapienza e ringraziamento al nostro Dio per tutti i secoli dei secoli.” Ma se è soltanto Cristo chi è degno di questa gloria, perché rendiamo l’omaggio della festa odierna ai Santi? Per contestare a questa domanda, dobbiamo tornare alla domanda precedente, ”Cosa fanno i Santi in cielo?” Come presenta la visione di San Giovanni, i Santi in cielo vedono Dio per mezzo della luce della Sua gloria. Ma come abbiamo anche visto, la gloria del Cristo vittorioso è così grande e illuminante che vederlo non potrebbe essere soltanto una visione comune che noi sperimentiamo.
Di solito, la visione di Dio in cielo a parte dei Santi viene concepito come vedere un quadro bellissimo, forse come quello sopra l’altare di questa chiesa o tanti altri capolavori trovati nelle chiesa della città di Roma. O forse come un paesaggio molto impressionante, come vedere da sopra una montagna ci lascia colpiti e senza respiro alla bellezza e grandezza della natura. Ma la visione di Dio che godono i Santi è totalmente diversa. Il potere più grande che possono avere anche i quadri più magistrali è soltanto di carpire una risposta da noi, di muoverci a riconsiderare il nostro punto di vista, o forse anzi di metterci in dialogo con Dio o di contemplare le realtà superiori. Ma ne anche i capolavori di Michelangelo o Raffaele hanno il potere di entrare a noi, di trasformarci, per farci risplendere con la loro proprio bellezza come fa la gloria di Dio ai Santi. San Agostino dice che Cristo, quando glorifica i Santi, corona i suoi propri meriti. Se noi lodiamo ai Santi, è perché vediamo in loro la gloria del stesso Signore chi regna per tutti i secoli nella nostra patria celestiale.
Così, cari fratelli e sorelle in Cristo, vediamo che la vita celestiale non è una vita noiosa, un ”non fare nulla” mentre gli angeli suonano l’arpa, come vediamo nelle rappresentazioni più banali. E la attività dei Santi in cielo non è soltanto di vedere Dio, ma di essere trasformati da Dio, di essere ripieni dalla Sua gloria così di diventare immagini viventi di Lui Stesso. Così, il cielo è la nostra vera casa, la nostra patria, dove dobbiamo sentirci profondamente chiamati di entrare alla fine del nostro esilio terreno. E, al contemplare i Santi, dobbiamo vedere i nostri veri compaesani e compatrioti nella vita più vera, quella spirituale.
Dice San Beda il Venerabile in una sua omelia per la festa odierna, ‘Considereremo il cielo il nostro paradiso come di loro, e così cominciamo di considerare i patriarchi come i nostri padri. Perché non affrettarci e correre per vedere la nostra patria e salutare ai nostri padri? Una grande moltitudine di cari è lì per aspettarci, una vasta e potente folla di padri, fratelli, e figli, sicuri della loro salvezza, ansiosi per la nostra, bramosi che veniamo alla loro destra e abbracciarli, a quella gioia che sarà comune a loro ed a noi.’
‘Perché non affrettarci e correre per vedere la nostra patria e salutare ai nostri padri?’ Ci sono tante cose nella vita che ci impediscono di cominciare di correre verso il cielo. Quante volte avete pensato che non c’è fretta, che pottete godere adesso dei piaceri di questo mondo, e pensare dopo della vita eterna? Quante volte siamo caduti nella tepidezza verso ciò che dovrebbe essere il nostro scopo principale nella vita: di perseguire con tutte le nostre forze la vita perpetua celeste e la visione gloriosa di Dio? Ed è proprio per questa ragione che abbiamo bisogno dei santi. Quella grande moltitudine dei santi ci aspetta, agognano per la nostra presenza con loro davanti alla visione gloriosa del Dio vivente.
Benché i piaceri di questo mondo possono sembrare soddisfacenti, la gloria di Dio che ci aspetto in cielo è più grande di quanto possiamo immaginare. San Beda prosegue, ‘Quella bellezza, quel virtù, quella gloria, quella magnificenza, quella maestà, oltrepassa ogni espressione, ogni senso della mente umana. E per raggiungere quella visione ineffabile, e di farci radianti con il splendore del Suo volto, vale la pena patire tormenti ogni giorno per vedere a Cristo veniente in gloria e di essere congiunto al numero dei santi.’
Cari fratelli e sorelle, dobbiamo chiedere ogni giorno a tutti i santi del cielo di intercedere per noi affinché questo desiderio per la nostra patria celestiale possa crescere in noi ogni giorno. Anche il desiderio per il cielo è già una grazia che dobbiamo chiedere dal Signore, e per il quale siamo bisognosi della intercessione dei Santi per ottenere per noi questa grazia. Coscienti del loro desiderio per la nostra salvezza, quando veniamo tentati di scegliere il peccato sopra la vita eterna, dobbiamo chiedere a loro di ottenere per noi un aumento della grazia per desiderare più fermamente il nostro destino celestiale.
Per concludere, vi lascio con delle parole dell’inno del ufficio delle mattutine d’oggi, che ricorda questo desiderio dei santi per la nostra salvezza, che deve essere la nostra preghiera oggi e sempre: Vos purpurati mártyres, Vos candidati præmio, Confessiónis, éxsules, Vocate nos in pátriam. ”O voi martiri in purpura, o voi brillanti confessori, chiamate noi esiliati al premio nella patria.”
Benedetto sia Dio nei Suoi Angeli e nei Suoi Santi.
Rev.do Royce V. Gregerson
Chiesa Parrocchiale della Santissima Trinità dei Pellegrini, Roma